La creaturina, grande la metà
di Vihn, si fermò di fronte all'ibrido, in attesa. Come era possibile? Come
aveva fatto? Da dove era sbucata? E nonostante il suo presunto inseguitore
fosse di fronte a lui, Vihn sentì nuovamente quel caratteristico prurito alla
nuca, quella peculiare sensazione di essere osservato. E si girò a controllare alle proprie
spalle. Di fronte a lui, sbiadito dal tempo, si stagliava su di una colonna un
graffito che conosceva bene. L'aveva sognato ogni giorno sin dalla propria
nascita, quel simbolo. Tutti gli ibridi lo sognavano, faceva parte della loro mente
alveare, della loro anima. Era il simbolo della Grande Divoratrice, i Figli del
Vuoto. Tutto ora gli fu chiaro.
Quella sensazione non era
dovuta al piccolo Genoraptor. Non era l'unico della sua razza su quel
planetoide: lì esisteva un Culto! Coincidenza? Fortuna? Mentre si poneva queste
domande, una risposta sbucò dai recessi della sua psiche, sussurrata da una
bocca non umana che non parlava la sua lingua, ma che nonostante tutto gli fu chiara. “I tuoi Geni”.
E sebbene la voce provenisse dalla sua testa, era stata la bocca del piccolo
Genoraptor a muoversi. La creaturina prese l'iniziativa e lo condusse
attraverso strade abbandonate ed edifici diroccati, poi giù per le fogne ed
infine persino più in basso, in luoghi che sembravano non ricevere visite da secoli. Dopo un paio d'ore
di cammino, giunsero di fronte ad un portello metallico chiuso, in una stanza
che mostrava evidenti segni di un vecchio conflitto a fuoco: bossoli,
bruciature e macchie di sangue. La porta stessa sembrava essere stata presa d'assalto,
eppure era ancora fissa sui cardini, come se gli assalitori ad un certo punto
avessero deciso che non ne valeva la pena. Il piccolo Genoraptor indicò a Vihn
il portello e lui seppe istantaneamente cosa voleva che facesse. Si avvicinò e
tento di ruotare la grande maniglia che l'avrebbe aperto, ma il meccanismo non
si mosse. Provò e riprovò, ma col passare del tempo si rese conto che c'era un
solo modo per entrare: l'avrebbe fatto esplodere. Gli rimanevano ancora tre
granate e non voleva sprecarle. Ispezionò approfonditamente quel blocco
d'acciaio e ruggine, alla ricerca di un punto di cedimento. Dopo qualche
minuto, decise che una granata al di sopra del chiavistello sarebbe bastata. La assicurò in posizione con del
nastro isolante, poi la innescò e attaccò a correre lungo un cunicolo laterale.
Aveva pochi secondi per evitare che lo spostamento d'aria lo tramortisse.
L'esplosione, per quanto di
una singola e vecchia granata, rimbombò nei sotterranei del formicaio e il
rumore si ingrandì notevolmente. Non che sarebbe fregato a qualcuno, nel Pozzo
le bombe esplodevano ogni giorno, quando andava bene. Vihn riuscì ad allontanarsi
a sufficienza e quando la polvere sollevata dal botto iniziò a posarsi, fece
ritorno nella stanza. Il suo piano aveva funzionato: il portello si era aperto,
visto che la parte murata del chiavistello ora non era più tanto murata. Con
cautela, Vihn gettò uno sguardo nel salone oltre alla porta.
All'interno, un tanfo dominava
l'aria, mentre il buio dominava lo spazio visivo. L'ibrido estrasse una torcia
ed iniziò ad illuminare i dintorni. Ben presto, si accorse di camminare in
mezzo a vecchie carcasse ammuffite, di creature a lui parecchio simili. Una
last stand del Culto locale? Lo stanzone era enorme, puntellato di colonne che
univano il soffitto al pavimento. Vecchie armi facevano capolino fra i cadaveri
e per qualche strano scherzo della prospettiva sembravano puntarlo ovunque si
muovesse. In fondo alla sala, una grossa sagoma emergeva dalle carcasse. Intuì
subito di cosa si trattasse e l'avvicinarsi non fece che confermare le sue teorie.
Il Patriarca del Culto. Morto
e mummificato, perché a differenza degli ibridi le carcasse dei Purosangue non
subivano la putrefazione. Era una creatura imponente e tutto sommato sembrava
quasi che potesse muoversi da un momento all'altro. Ma era certamente morta da
anni: il cranio era sfondato e due arti superiori mancavano
all'appello. Un peccato. Ma allora, la sensazione psichica che lo aveva messo
tanto in allarme da dove proveniva? La risposta non si fece attendere.
Passi alle sue spalle. Passi
eterogenei, di creature con stazze diverse e piedi diversi. Si girò e di fronte
a sé vide una decina di ibridi, le armi spianate contro di lui. Erano lì perché
avevano sentito il botto o perché lo avevano tenuto sott'occhio? Lo stallo comunque
non durò per molto, perché uno di loro, presumibilmente il loro capo, prese la
parola:
-Benvenuto, straniero. Io sono
Kosse, ultimo Gerarca del Culto Grigio. Vedo che non sei un umano qualsiasi.
Hmm... No, tu sei come noi... Come ti chiami? Da dove vieni?
-Io mi chiamo Vihn e vengo da
Khatrax. Non credo ne abbiate mai sentito parlare, abbiamo fatto di tutto per
rimanere nascosti. Dominavamo il pianeta ed eravamo pronti a ricevere la Grande
Divoratrice, finché dei maledetti Astartes non giunsero e ci distrussero. Io
sono l'unico sopravvissuto.
-Allora abbiamo una storia
simile, fratello Vihn. Anche noi fummo attaccati da degli Astartes. Quei
vigliacchi ferirono a morte il nostro Patriarca e lo lasciarono ad agonizzare
qui dentro, mentre noi tentavamo disperatamente di raggiungerlo. Quando furono certi
della sua morte, se ne andarono. Erano anni che non tornavamo qui, poiché è per
noi un luogo di profondo dolore. Ma dimmi, cosa ti ha guidato fin qui? Come hai
fatto a trovare questo posto?
-Grazie a questo piccolo
Genoraptor. È lui che mi ha trovato e che mi ha condotto qui.
Kosse guardò con attenzione
nel punto indicato da Vihn. Fu il suo sguardo a parlare per lui. Vihn capì che
il Gerarca non vedeva la creatura che in questo momento stava accovacciata al
suo fianco.
-Fratello – disse Kosse – io
non lo vedo. Sin dalla battaglia che fu combattuta in queste stanze nessuno ha
più visto un Genoraptor. Ma se quel che dici è vero, allora è te che noi
abbiamo aspettato per tutto questo tempo. Se tu vedi la creatura che dici di
vedere, vuol dire che hai il Dono. Vuol dire che sei il Firestarter.
-Scusa, di quale dono stai
parlando?
-Tu vedi un Famiglio della
Grande Divoratrice. Solo i Magus e i Patriarchi ne sono in grado: sono
l'incarnazione della Mente della Nidiata, la parte di noi che appartiene ai
Figli del Vuoto.
Vihn a questo punto capì. I
passi che sentiva erano nella sua mente. La creatura non era sbucata dalle
ombre, era stata generata dalla sua psiche. Volse lo sguardo verso quell'essere
che solo lui poteva vedere. Nei suoi occhi vuoti, vide sé stesso. E le Stelle.
-Cosa significa “firestarter”?
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