sabato 8 ottobre 2016

FIRESTARTER - capitolo I - IL POZZO


da qualche parte nella Via Lattea...

Vihn Dysel si girò di scatto. I suoi sensi ipersviluppati erano costantemente in allarme, ma per ora gli avevano restituito unicamente falsi positivi. Probabilmente, era il posto ad agitarlo: un fetido planetoide industriale abbandonato, ai confini dell'Imperium, chiamato poco poeticamente “UHC/34a99”. I più fantasiosi lo avevano ribattezzato “il Pozzo”. Sicuramente era il luogo ideale per nascondersi dalle autorità Imperiali, il che lo rendeva anche un posto pericoloso di per sé. Criminali, mutanti, alieni ed eretici affollavano le strade, mentre oscure organizzazioni tramavano nell'ombra. Era anche un ottimo nido per quei Rogue Trader che necessitassero di rifornimenti “speciali”, oppure di un porto spaziale dove scambiare beni non propriamente approvati dall'Administratum. Di tanto in tanto, persino alcuni Inquisitori (ovviamente i Radicali più estremisti, coloro i quali avevano già un piede al di là della linea gialla dell'eresia) facevano visita al Pozzo, ma in cerca di cosa (o di chi) era un'informazione difficile da ottenere senza pagare con la vita. Il Pozzo non era solo il nomignolo del planetoide, bensì si estendeva anche all'unico, ciclopico formicaio che ne occupava parte della superficie e della crosta sotterranea. Essendo l'atmosfera piuttosto scarsa, il formicaio era sigillato da un Guscio di Guglie, atto a contenere l'atmosfera artificiale che si respirava per le sue strade, proveniente dalle Tre Foreste Idroponiche. Un tempo erano gli adepti del Mechanicum ad occuparsi del mantenimento di queste Foreste e dell'integrità del Guscio di Guglie, ma ormai erano svariati millenni che il sistema era abbandonato a sé stesso. C'era stato chi si era proposto di prendersi in carico di tutte le manutenzioni, ma puntualmente i riottosi abitanti temevano che la loro preziosa libertà sarebbe stata a rischio. Di conseguenza tali individui finivano sempre a fare da concime in una delle Tre Foreste. Non vi era un capo, né un Consiglio cittadino, né una dittatura militare, né un'organizzazione illegale che detenesse il potere assoluto: il Pozzo si autogovernava nell'indifferenza, ricorrendo al sangue, alle droghe, alle armi e a manufatti di origine aliena.

Sebbene molte di queste cose non gli fossero note, Vihn sperava che in mezzo all'anarchia dilagante del Pozzo sarebbe riuscito a recuperare le forze dopo gli avvenimenti di Khatrax. Era sopravvissuto per miracolo ed era riuscito a fuggire per miracolo mentre il pianeta subiva un bombardamento orbitale. Fortunatamente per lui, solo qualche settimana prima la squadra di cui faceva parte aveva rintracciato un hangar segreto dell'Astra Militarum e le alte sfere non avevano ancora deciso cosa farne. Di solito, infatti, le navette venivano requisite, di modo che i Principi, i Genoraptor Purosangue, potessero diffondersi nell'Universo. La navicella con cui era riuscito a fuggire era poco più di una vecchia scialuppa di salvataggio, arrugginita e cigolante, ma era riuscita a condurlo fino al sistema solare abitato più vicino, chiamato Legius. Troppi Arbitres però da quelle parti, così appena seppe dell'esistenza del Pozzo decise di dargli una chance. E per ora, non gli dispiaceva affatto. Attraccare era stato semplicissimo, dal momento che era bastato pagare uno svogliato e grottesco Capoporto mutante. Zero domande, zero problemi. Tra l'altro, la sua astronave era talmente schifosa che difficilmente qualcuno avrebbe avuto il fegato di rubarla. No, non gli dispiaceva affatto, senonchè...

Di nuovo, Vihn si girò di scatto. Anche questa volta, nessuno lo stava seguendo. O, se lo stava facendo, era dannatamente bravo a nascondersi. Eppure si sentiva osservato...

Stava vagando per tetri vicoli di roccemento pieni di detriti e rifiuti, alla ricerca di un posto tranquillo e abbandonato in cui stabilirsi. Aveva intenzione di fare il mercenario per un po', magari la guardia del corpo, giusto il tempo di procurarsi un equipaggiamento decente e poi sarebbe ripartito. Per dove, ancora non lo sapeva, ma di certo sarebbe stato meglio se non fosse rimasto troppo a lungo nello stesso posto. Gli sarebbe piaciuto formare una sua Famiglia, ma non era un Genoraptor Purosangue e per quello che ne sapeva non erano tanti i suoi simili nell'Universo. Il sangue quanto si sarebbe diluito? Sarebbe davvero stato in grado di dare alla luce un nuovo Purosangue? Ancora una volta, Vihn sentì l'impulso di girarsi di scatto. E lo fece, ma dietro di lui c'era solo la sua ombra. Stava esagerando? Forse era la stanchezza, forse la fame. Forse era solo paranoico. Si stava addentrando sempre di più nelle parti abbandonate di quel miserabile agglomerato di sporcizia e devianza e ben presto l'unico rumore che si poteva udire era quello dei suoi passi. Passi che iniziavano ad acquisire uno strano eco. Come se fossero passi doppi. Ora ne era certo. Qualcuno lo seguiva. Individuò un cunicolo più avanti sulla destra, una strada che sgorgava oscurità e che prometteva essere il luogo ideale per una trappola. Fece quasi per superarla ma all'ultimo vi si infilò dentro con uno scatto, correndo fino a nascondersi dietro ad un grosso tubo che partiva dalla volta del cunicolo e che continuava nel terreno. Tenne d'occhio l'ingresso, ma nessuna ombra spezzò la lama di luce che lottava contro l'opprimente oscurità. Iniziò ad indietreggiare lentamente, lontano dall'apertura ma senza mai perderla d'occhio. E i passi ripresero, ora più nitidi che mai. Come se chiunque li producesse avesse perso ogni interesse nel nascondersi. Eppure, non si vedeva nessuno. “Assurdo, impossibile, ridicolo” furono solo alcune delle parole che balenarono in mente a Vihn, eppure la realtà non mentiva: il suo inseguitore sembrava essere invisibile. La sua mano si spostò lentamente verso l'impugnatura del fucile a pompa che portava a tracolla. Avrebbe combattuto con tutte le sue forze, perchè l'istinto di sopravvivenza era la sua arma migliore. Dopo secondi che sembravano giorni, il cunicolo terminò e Vihn si ritrovò in un'ampia strada traversa, fiocamente illuminata ma deserta. Nulla era entrato nel vicolo, eppure i passi lo avevano seguito. Ad un certo punto, il confine dell'ombra all'uscita del vicolo sembrò agitarsi e una piccola figura prese forma sotto agli occhi di Vihn.

La testa allungata e glabra, i lunghi e acuminati artigli, le piastre di chitina e gli occhi vacui... Erano tutti quanti elementi fin troppo familiari. Stava osservando un piccolo Genoraptor.

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